Anécdotas, chistes, escritos, fotos y otras boludeces para que Móni la pase bien y se divierta

martes, 18 de enero de 2011

"IL CIMETERO DI PRAGA" DE ECO ASI COMIENZA

“Il passante che in quella grigia mattina del marzo 1897 avesse attraversato a proprio rischio e pericolo place Maubert, o la Maub, come la chiamavano i malviventi (già centro di vita universitario nel Medioevo, quando accoglieva la folla degli studenti che frequentavano la Facoltò delle Arti nel Vicus Stramineus o rue du Fouarre, e più tardi luogo dell’esecuzione capitale di apostoli del libero pensiero come Etienne Dolet), si sarebbe trovato in uno dei pochi luoghi di Parigi risparmiato dagli sventramenti del barone Haussmann, tra un groviglio di vicoli maleodoranti, tagliati in due settori dal corso della Bièvre, che laggiù ancora fuoriusciva da quelle viscere della metropoli dove da tempo era stata confinata, per gettarsi febbricitante, rantolante e verminosa nella vicinissima Senna. Da place Maubert, ormai sfregiata dal boulevard Saint-Germain, si dipartiva ancora una ragnatela di straducole come rue Maître-Albert, rue Saint-Séverin, rue Galande, rue de la Bûcherie, rue Saint-Julien-le-Pauvre, sino a rue de la Huchette, disseminate di sordidi hotel tenuti in genere da alvergnati, albergatori dalla leggendaria cupidigia, che domandavano un franco per la prima notte e quaranta centesimi per le seguenti (più venti soldi se si voleva anche un lenzuolo).
Se poi avesse imboccato rue Sauton, avrebbe trovato circa a metà di quella strada, fra un bordello travestito da birreria e una taverna dove si serviva, con vino pessimo, un desinare da due soldi (già allora assai pochi, ma quanto si potevano permettere gli studenti della Sorbona non lontana), un’impasse o vicolo cieco, che all’epoca già si chiamava impasse Maubert, ma prima del 1865 era chiamato cul-de-sac d’Amboise, e anni prima ancora ospitava un tapis-franc (nel linguaggio della malavita, una bettola, un’osteria d’infimo rango, tenuta ordinariamente da un pregiudicato, e frequentata da forzati appena usciti dal bagno penale), ed era rimasto tristemente famoso anche perchè nel XVIII secolo vi sorgeva il laboratorio di tre celebri avvelenatrici, ritrovate un giorno asfissiate dalle esalazioni delle sostanze mortali che distillavano sui loro fornelli.
A metà di quel vicolo passava del tutto inosservata la vetrina di un rigattiere che un’insegna sbiadita celebrava come Brocantage de Qualité – vetrina ormai opaca per la polvere spessa che ne lordava i vetri, i quali già poco rivelavano delle merci esposte e dell’interno, perchè ciascuno di essi era un riquadro di venti centimetri per lato , tutti tenuti insieme da una intelaiatura di legno. Accanto a quella vetrina avrebbe visto una porta, sempre chiusa, e accanto al filo di una campanella un cartello che avvertiva come il proprietario fosse temporaneamente assente.“

No hay comentarios:

Publicar un comentario